L'editoriale

Come è possibile che Enzo Crotta, l’imprenditore ticinese smascherato dalla trasmissione della RSI “Patti chiari” per le condizioni igieniche spaventose della sua azienda agricola, abbia potuto agire indisturbato per anni, in particolare rifornire le sue verdure e le sue insalate, ripulite e imballate in mezzo alla sporcizia, a supermercati, ristoranti, mense scolastiche e ospedali? È forse questo l’interrogativo più inquietante che la vicenda solleva. Una vicenda che, al di là del comportamento irresponsabile del Crotta, getta  pesanti ombre sulla serietà delle autorità di controllo, della magistratura e degli stessi acquirenti, che sapevano o che non potevano non sapere.


La nostra non è solo una logica deduzione, ma una certezza che poggia su rapporti, documenti, testimonianze e denunce in parte risalenti ad anni fa, che in troppi hanno fatto finta di non conoscere lasciando così degenerare la situazione. E non solo dal punto di vista igienico, ma anche da quello della gestione del personale, come area ha raccontato in un’inchiesta giornalistica già nel 2013: lavoro nero, contratti capestro, turni massacranti, maltrattamenti e umiliazioni, alloggi dei dipendenti non riscaldati e senza servizi igienici, addetti al ristorante Cairello (sempre del Crotta) costretti a servire alimenti scartati dall’azienda agricola e destinati a uso animale o a eliminare decine di polli marci alla vigilia di un controllo (evidentemente annunciato).


La denuncia di “Patti Chiari” ha avuto l'effetto di una bomba: Manor, Migros e Coop si sono affrettati a ritirare i prodotti di Crotta, ma avrebbero dovuto e potuto farlo prima perché le avvisaglie non mancavano. Effettuando magari dei controlli senza preavviso.


Qualche spiegazione dovrebbe fornirla anche il Laboratorio cantonale cui spetta il compito di vigilare sul rispetto delle norme sulle derrate alimentari. Da diversi rapporti d’ispezione in nostro possesso, effettuati nell'agriturismo di Crotta negli ultimi 10 anni, emerge infatti un quadro sufficientemente inquietante (cucina sporca, derrate scadute anche di un paio di mesi e «fortemente alterate» e altre «stoccate direttamente sul pavimento della cucina», «assenza totale di caratterizzazione degli alimenti», apparecchiature e utensili in cattivo stato eccetera), che avrebbe imposto interventi drastici e controlli serrati di tutte le attività aziendali del Crotta. Invece non si è mai andati oltre l’ordine di «risanare» le situazioni. Semplicemente incomprensibile.


Altro interrogativo: come mai l'Ispettorato del lavoro non è intervenuto a tutela dei dipendenti e per contrastare la creatività giuridica del Crotta, che stipula contratti di lavoro palesemente illegali? Si pensi a clausole del tipo “il lavoratore è occupato al 70 per cento, ma, viste le passate esperienze, lo stesso si impegna a una presenza presso la nostra società al 100 per cento” o “eventuali visite mediche sono da farsi presso il dottore di fiducia della ditta...”,  la quale “si riserva il diritto di non pagare il periodo di infortunio o malattia nel caso il lavoratore scelga un altro medico”.


E la magistratura? Nonostante le denunce inoltrate da alcune vittime e pur essendo informata della situazione descritta sin dal giugno 2014, quando Unia presentò un esposto dettagliato al Ministero pubblico sia sulla situazione igienico-sanitaria sia sugli abusi in materia di diritto del lavoro, non ha sinora agito. Forse era troppo impegnata nel perseguire Lisa Bosia “colpevole” di aver aiutato dei disperati a entrare in Svizzera, o Adriano Venuti per aver offeso un consigliere di Stato grassottello o i colleghi del Caffè per aver scritto di un chirurgo troppo distratto.


Enzo Crotta non è insomma l’unico problema.

Pubblicato il 

10.05.17