La mano invisibile

L’economia vive di modelli. Costruzioni matematiche con cui si semplifica la realtà rilevandone gli aspetti più importanti, sia per interpretare e rappresentare i fenomeni economici, sia per prevederne l’andamento futuro. Sono teorie, alle volte premiate con il Nobel, già origine di disastri perché la realtà risulterà un’altra. Ci sono però modelli economici, imposti e  incarnati nella realtà quotidiana, dati per scontati o utili, all’origine invece di scelleratezze.


Nelle ultime settimane articoli di giornali e programmi televisivi hanno denunciato le forme di lavoro applicate in quello che viene appunto definito “modello Ryanair”. Forse sarebbe più giusto dire: modello “low cost”. Chi dovendosi spostare in altri paesi, per andare in vacanza o raggiungere parenti lontani, non è stato tentato dal “low cost”? Tariffe più basse, volo aereo ridotto quasi a viaggio in bus. L’unica equazione-modello che conta allora è: viaggio-proprio portafoglio-prezzo=“low cost”. Ed è comprensibile. Rimane sempre una domanda che evitiamo: come si ottiene quel prezzo “low cost”? Val la pena di parlarne perché è un paradigma estensibile a altri settori, identificabile in una sorta di affascinazione economica che potremmo definire “mitizzazione del prezzo sempre più basso”.


Dovessimo rispondere a quella domanda dovremmo accorgerci di tre cose: un modo sistematico di abolire il diritto del lavoro; una menzogna sui costi; una mancanza di un bilancio sociale a fronte di  ciò che si pretende un beneficio economico.


Gli esempi di assenza del diritto del lavoro sono molteplici (assenza resa facile dal non riconoscimento dei sindacati). Sono conseguenza di un contro-diritto: disporre del lavoratore come si vuole. In pratica: estrema labilità del rapporto di lavoro (completamente rotto il legame tra salario e ore complessive di lavoro, esclusione di un reddito fisso mensile); disconoscimento dei tempi “morti” del lavoro (attese in aeroporti, ritardi, reperibilità obbligata ma non retribuita); assunzione dei costi di formazione (pari a circa 4.200 euro, quasi un pagare per lavorare); costrizioni sales-oriented (aerei trasformati in supermercati con mitragliamento di pubblicità e obbligo per il personale di bordo di raggiungere un dato importo di vendita di prodotti vari durante il volo, il “leverage spend”). Dire che il modello è schiavista non si esagera.
La menzogna sulla verità dei costi è dovuta perlomeno a due fattori di cui non si tiene conto: dapprima l’inquinamento ambientale (subito da tutti, mai pagato, è vero, da nessuna compagnia aerea); poi, perché, pur di avere società e linee “low cost”, gli enti pubblici investono fior di milioni in attrezzature aeroportuali e in molte regioni versano ingenti somme a quelle società ritenute apportatrici di turisti.


Il bilancio sociale mancante, pur prescindendo dai costi per la salute generati da metodi di lavoro insostenibili fisicamente e psichicamente (come documentato), è dato da un modello di economia che genera insicurezza, precarietà, ingiustizia, slealtà, sfruttamento (persino delle persone a bordo, oggetti di mercato da spremere, chi per vendere, chi per comprare).


La lezione che dovremmo trarre è che la mitizzazione del prezzo sempre più basso può essere dannazione dell’uomo e della stessa economia. Oppure che di fronte a un prezzo, a qualsiasi prezzo, dovremmo andare sempre al di là della semplicistica sentenza del mercato che fa il “giusto prezzo” o della sola ragione del proprio interesse, e vedere come si forma, a profitto e a danno di chi.

Pubblicato il 

22.06.17
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