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All’improvviso è andato tutto molto in fretta: il Primo ministro spagnolo Mariano Rajoy è caduto, dopo aver governato in modo reazionario per sette anni, tre dei quali con un esecutivo di minoranza tollerato da un’opposizione che non riusciva a mettersi d’accordo su un’alternativa. Ma a metà maggio un tribunale ha definitivamente dimostrato che il suo Partito popolare (Pp) era composto da una manica di corrotti: l’ex tesoriere si è preso 33 anni di carcere per aver incassato tangenti poi in parte dirottate in banche svizzere e altri 29 funzionari di partito sono stati condannati a lunghe pene detentive. Rajoy, come presidente del partito, doveva sapere dei conti in nero. Il numero uno del Partito socialista Pedro Sánchez ha colto la palla al balzo e, con il sostegno della sinistra di Podemos e dei partiti indipendentisti baschi e catalani, ha presentato una mozione di sfiducia che ha fatto cadere Rajoy.


Si chiude così un capitolo oscuro della storia spagnola. Alla domanda di autonomia proveniente dalla Catalogna Rajoy ha risposto con la polizia e la persecuzione giudiziaria, finendo per mettere la regione sotto la tutela di Madrid. I lavoratori hanno dovuto subire riduzioni di salario e un indebolimento delle misure di protezione. Poggiandosi su una legge dell’epoca franchista, polizia e tribunali se la sono presa con scioperanti e dimostranti.


Oggi la Spagna tira di nuovo dal punto di vista economico, ma ad approfittarne sono solo i benestanti. Più sotto, i nuovi posti di lavoro creati sono temporanei e precari. Ma contro questa tendenza cresce anche la resistenza, come dimostrano già le cifre sugli scioperi nel 2017, il 50 per cento in più di quelli dell’anno prima. E poi l’8 marzo scorso c’è stato il primo sciopero nazionale delle donne che ha coinvolto oltre sei milioni di persone.


Dopo la caduta di Rajoy sono ora i socialisti a guidare il governo spagnolo. Le aspettative nei loro confronti sono grandi: i lavoratori vogliono impieghi sicuri, salari dignitosi e la fine della repressione; i catalani pretendono maggiore autonomia; le donne dicono basta alla violenza e alle discriminazioni e hanno già ottenuto qualcosa, considerato che il nuovo governo è a maggioranza femminile (11 su 17), una prima assoluta per un paese tradizionalmente machista come la Spagna.

Pubblicato il 

14.06.18

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