Ticino

La nuova pianificazione ospedaliera apre giuridicamente le porte all’Ente ospedaliero cantonale che potrà creare società anonime e assumere partecipazioni con il privato. Una mossa alquanto pericolosa per la popolazione che rischia di ritrovarsi con una sanità fondata su logiche di mercato e non sulle cure eque a ogni cittadino.

 

Siamo nel 2016 e nascere in Ticino appare concettualmente complicato. Certo, è sempre la cosa più naturale del mondo, e in sintonia con i tempi non parliamo più di cavoli e cicogne, bensì di cesarei, massa critica e business. Già, va di moda il parto con il taglio (non intendiamo del cordone), che è decisamente più redditizio.
Riassumendo e per farla semplice. La nuova pianificazione ospedaliera – votata dal Gran Consiglio lo scorso dicembre e contro la quale è stato lanciato il referendum – non si limita più a flirtare in maniera più o meno audace con il settore sanitario privato, ma ci fa assieme i bambini. Dall’accoppiata Ente ospedaliero regionale ed ex gruppo Genolier (ora Swiss Medical Network) si vuol partorire un centro donna-mamma-bambino. Per la precisione, la gestante si recherà a Sorengo dove nel suddetto centro darà alla luce il neonato. Bene, congratulazioni! Ma non possiamo, in coscienza, definirlo un lieto evento per la sanità ticinese. Di fatto, se la madre dovesse accusare complicazioni serie dopo il parto, sarà immediatamente portata per le cure all’Ospedale Civico, dove esiste fra gli altri reparti quello di cure intensive. Stesso discorso vale se dovessero intervenire problemi per il neonato, per il quale sarebbe necessario un trasferimento all’Ospedale San Giovanni di Bellinzona, se non oltre Gottardo.


Il che spolpato all’osso significa che il tanto declamato centro donna-mamma-bambino sarà poco più che una nursery, creato in larga parte con i soldi pubblici a beneficio del privato e ben poco dei cittadini che vedranno sottrarsi importanti risorse, versate attraverso le tasse, per investimenti poco incisivi per il livello della qualità sanitaria. Che razza di centro di competenza è un servizio che non è in grado di assicurare nulla al di là di un parto tradizionale senza complicazioni? Questo è un esempio non fantascientifico, ma reale dello scenario che si sta delineando e che potrebbe compromettere il reparto di neonatologia dell’Ospedale Beata Vergine di Mendrisio. È lecito chiedersi di fronte a un simile progetto perché la maternità, che non è materia complessa, debba essere materia di collaborazione con il privato. Non si sta creando un reparto pediatrico d’eccellenza perché appunto il Ticino non ha la massa critica per permetterserlo e i bambini fortemente malati o in pericolo di vita non potranno essere curati qui. L’unico senso dell’operazione che potrebbe portare a una sovramedicalizzazione della neonatologia è quello finanziario senza ritorni di qualità di prestazioni per la popolazione. La cordata Genolier, il gruppo immobiliare che ha poi esteso la sua attività nella sanità per l’alto margine di guadagno, è stata per esempio oggetto più volte di denunce per la politica di cattiva gestione del personale, che inevitabilmente ha effetti negativi sulla presa a carico dei pazienti.


Non ci sorprendiamo della manovra perché basta leggere il testo della nuova pianificazione ospedaliera per capire qual è la direzione del Governo ticinese, avallata dal Parlamento. In questo capoverso dell’articolo 3 è palesata chiaramente la svolta dell’Ente ospedaliero cantonale: «L’Eoc può costituire società, assumere partecipazioni o collaborare sotto altra forma con terzi». Nessun tabù: dopo che a livello federale è stato deciso il finanziamento delle cliniche private, che in Ticino ci costa 100 milioni di franchi che potrebbero essere investiti nei nostri ospedali pubblici, ora si vuole mischiare l’offerta in maniera davvero audace perché segue un’economia di scala secondo regole mercantilistiche.


Dalla politica sanitaria pubblica di un paese ricco ci si aspettano e si pretendono qualità, professionalità e la presa a carico equa, efficace ed efficiente garantite a ogni cittadino. «La logica del servizio pubblico è diversa da un servizio al pubblico. Pure la Migros fa le michette e le vende, ma non possiamo mica sostenere che sia un servizio pubblico, ma al pubblico» ha commentato Pino Sergi, del Movimento per il socialismo in una serata pubblica a confronto con Giorgio Pellanda, direttore dell’Eoc. Durante la discussione è stato ricordato che cosa è accaduto in negativo privatizzando ed esternalizzando i servizi dello Stato come le telecomunicazioni, la posta e le ferrovie.


Ora, la nuova pianificazione ospedaliera va proprio in questa direzione ed è fatta sulla pelle dei pazienti. Oltre alla collaborazione per l’ostetricia, a Locarno si vuole realizzare un unico ospedale dalla fusione fra Carità (pubblico) e Santa Chiara (privato). La proposta è ancora più sfrontata: sugli ospedali di valle di Acquarossa e Faido è pronto il machete per declassarli di fatto a case di cura. Chi abita in Leventina, Blenio e Rivera faccia le corna e speri di non avere mai problemi di salute... «Per Faido si delinea la chiusura del reparto di medicina generale sostituito, si fa per dire, da un mini-reparto di soli dieci (!) letti e la sostituzione dell’attuale pronto soccorso con un semplice presidio medico» scrive Tiziana Mona, a nome del comitato “Pianificazione ospedaliera - così no”. Ad Acquarossa sigilli pure sul reparto di geriatria, oltre a quello di medicina generale.


Nessuno nega fra gli oppositori della nuova legge sulla pianificazione ospedaliera l’eventualità di instaurare collaborazioni con il privato per migliorare e potenziare l’offerta sanitaria, ma non di certo alla presenza di un Ente ospedaliero cantonale che si mette a costituire società anonime o spinge per soluzioni discutibili come quelle proposte. La riforma era un’occasione per rendere centrale il ruolo dell’Eoc e invece lo smembra, permettendo che alcuni ospedali pubblici, realizzati con soldi della collettività, diventino delle aziende private e semi-private. Per questo motivo ben 13.000 persone hanno firmato il referendum contro la pianificazione ospedaliera su cui voteremo il prossimo 5 giugno. Prima di prendere la scheda elettorale vale la pena di aggiungere la dichiarazione fatta da Giorgio Pellanda, che avrebbe preferito un modello di collaborazione come quello realizzato con lo Iosi: l’Istituto oncologico della Svizzera italiana che raggruppa in un’ unica struttura organizzativa tutte le specialità che all’interno dell’ospedale multisito Eoc si occupano di oncologia. «Non è andata così: che cosa devo fare, piangere?» è stata l’emblematica uscita del direttore che ha ammesso indirettamente che la pianificazione ospedaliera è figlia di determinate scelte politiche.
Signor Pellanda, veda un po’ lei che cosa vuol fare: noi non piangiamo ma votiamo no contro questa scelta sconsiderata.

 

Pubblicato il 

11.05.16
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