Industria

«Siamo imprenditori, non investitori» aveva corretto e precisato durante una prima riunione in Ticino Marco Riganti, quarta generazione della famiglia proprietaria della Riganti Spa di Solbiate Arno, in provincia di Varese, dove dal 1891 si forgia l’acciaio. 127 anni di storia industriale familiare sulle spalle hanno un valore diverso dagli anonimi fondi d’investimento, spesso orientati al guadagno a corto/medio termine e dotati di scarsa visione imprenditoriale. Tradizione familiare e imprenditoriale sono dunque le migliori carte da visita del gruppo che ha rilevato la Smb di Biasca, rimasta chiusa dall’autunno scorso lasciando a casa una quarantina di operai.

 

Nel frattempo, una ventina di loro ha trovato lavoro presso altre aziende, mentre i rimanenti operai sono tornati a forgiare l’acciaio nella “loro” fabbrica. E le prospettive sono di crescere, come spiega lo stesso Marco Riganti: «Inizialmente eravamo interessati ai soli macchinari, la forgia in particolare, che volevamo trasferire nello stabilimento di Solbiate. Ma i lunghi tempi di smontaggio e ricostruzione, tra i 12 e i 14 mesi, ci avrebbero fatto perdere tempo e soprattutto la clientela. Abbiamo quindi deciso di accettare la scommessa, quella di continuare a produrre a Biasca impiegando la manodopera locale. Sfrutteremo al meglio le sinergie col nostro stabilimento a Solbiate, con l’obiettivo di mantenere la clientela e conquistarne di nuova».


All’imprenditore Riganti abbiamo chiesto quali fossero i punti negativi e quelli positivi nella scelta di rimanere a Biasca. «Di positivo senza dubbio l’ottimo dialogo diretto con tutti gli enti coinvolti, dove le risposte arrivano in tempi molto stretti. Una burocrazia snella che consente di decidere rapidamente. Di negativo invece, vi sono i costi dell’energia e del personale, decisamente più alti che in Italia». A conti fatti, la Riganti ha comunque deciso di scommettere sull’insediamento biaschese. E oggi, dopo una fase iniziale difficile dovuta alla carenza sul mercato dell’acciaio, alla Riganti di Biasca si lavora a pieno regime con una quindicina di operai dell’ex Smb riassunti.


«Tra un fondo d’investimento e un padrone, preferisco di gran lunga il secondo» dice uno degli operai sorridendo. Ma non vuole essere ironico, è terribilmente sincero. Per gli operai, non ci sono dubbi. Si nota, dicono i lavoratori, la differenza di stile di conduzione tra il precedente proprietario, il fondo d’investimento zurighese Zurmont Madison e l’attuale famiglia Riganti. Oltre alla scontata soddisfazione per aver ripreso a lavorare, parlando con gli operai traspare infatti una certa serenità e fiducia nella nuova proprietà. In fabbrica, raccontano, si sente la presenza di una proprietà che conosce il mestiere, che ha una visione e si attiva per realizzarla. I cambiamenti sono già in corso, con investimenti giudicati molto sensati da chi quel lavoro lo svolge tutti i giorni. «Si vede che ci credono e hanno deciso d’investire nello stabilimento. Di certo non c’è nulla da eccepire sulla proprietà. Sul futuro purtroppo, nessuno può dare garanzie».


Lo stesso Riganti non vuole dare false illusioni sul lungo termine, visto il mercato sempre più volubile e complicato. «Per riuscire ci vuole l’impegno di tutti, delle maestranze con la precisione nel lavoro e della proprietà per finanziare gli investimenti necessari per restare al passo coi tempi. Noi ci proviamo, ma potrebbe non bastare. Ci vuole anche la fortuna. Napoleone diceva di preferire i generali fortunati a quelli bravi». E se la fortuna non si può comandare, l’impressione degli operai è che i Riganti ce la stiano mettendo tutta per creare le condizioni ottimali per favorirla. Buone condizioni che si riflettono anche nel contratto collettivo dell’impresa.
Il sindacato Unia, storicamente ben insediato tra le maestranze della Smb, ha seguito l’intera vicenda da molto vicino. «Oggi 15 famiglie hanno un lavoro e un salario dignitoso su cui possono contare. Non era scontato, calcolando che partivamo dall’annuncio di febbraio 2017 di quarantuno posti di lavoro soppressi alla Smb. Possiamo dunque dire che una storia iniziata male, oggi ha un lieto fine. Con l’impegno di tutti si è dimostrato che nelle Tre Valli per l’industria è possibile lavorare, garantendo dei salari dignitosi» spiega Igor Cima, segretario di Unia Sopraceneri. Con la nuova proprietà è stato siglato un contratto collettivo che Cima definisce molto interessante per entrambe le parti. Gli stipendi minimi sono simili a quanto era in vigore alla Smb, ma sono stati introdotti degli incentivi innovativi. «L’idea è partita dai lavoratori stessi – spiega il sindacalista –. Il loro ragionamento era il seguente: “Molti di noi non hanno il pezzo di carta del diploma ufficiale, ma svolgiamo diversi compiti fondamentali alla produzione grazie alle competenze acquisite negli anni”». L’idea di valorizzare le competenze piuttosto dell’automatismo dello scatto di carriera, come inizialmente proposto dal sindacato, ha così avuto il sopravvento. «Partendo da questo concetto, con la proprietà si è discusso come riconoscere le competenze degli operai attraverso dei miglioramenti salariali. L’azienda ha subito dimostrato disponibilità per questa opzione, anche perché andava verso i suoi interessi, cioè di ricompensare quel valore che il singolo operaio aggiunge alla produzione». Alla fine nel Ccl è stata inserita una lista di una quarantina di mansioni per le quali l’operaio riceve delle indennità varianti tra i 40 e i 100 franchi.


Il sindacalista elenca poi una serie di elementi inseriti nel Ccl con la nuova proprietà, migliorativi rispetto al passato Smb. La flessibilità, ossia il monte ore su cui l’azienda può giocare in un anno senza pagare gli straordinari, è stata ridotta da 140 a 100 ore annuali. Da rilevare che la settimana lavorativa è rimasta di 40 ore, fatto non scontato di questi tempi viste le pretese padronali che arrivano da più parti. Mantenuti intatti anche i riconoscimenti per anzianità, comprensivi del periodo alla Smb. «Stiamo parlando di operai che lavorano da anni in quella fabbrica. Sarebbe stato un peccato perdere questo riconoscimento» spiega Cima. È stata inoltre introdotta la figura del delegato sindacale (diverso dal membro della commissione del personale) che potrà beneficiare di due giorni l’anno per attività sindacali. Ultima novità di rilievo, il Ccl vale anche per i lavoratori temporanei.


Come in ogni trattativa, anche le maestranze hanno dovuto fare delle concessioni. Sono diminuite le indennità per i turni (alla Riganti si lavora sui tre turni distribuiti sulle 24 ore) e i giorni di vacanza. Questi peggioramenti, al pari dei punti migliorativi, sono stati sottoposti al giudizio dei lavoratori che li hanno approvati all’unanimità.
Se lanciarsi in previsioni ottimistiche per il futuro è arduo, il presente offre solide e ottime garanzie.

Pubblicato il 

27.06.18
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