«Bisogna avere la capacità di scioperare, altrimenti non dialogano nemmeno con noi», mi diceva il numero uno dell’Unione sindacale austriaca Erich Foglar, quando in dicembre gli ho regalato il nostro libro “Sciopero nel 21° Secolo”*. Mi ha dunque illustrato come in Austria i negoziati salariali per 180.000 dipendenti dell’industria del metallo e dell’elettronica non abbiano in un primo tempo portato a nulla nonostante lunghe nottate di trattative. Ma non appena i sindacati si sono mostrati pronti a combattere sbloccando i fondi per le indennità di sciopero, le trattative hanno improvvisamente ripreso slancio e si è giunti ad aumenti salariali del 3 per cento.


E attorno a fine anno, anche la IG Metall in Germania ha ricreato capacità di sciopero nell’ambito dei negoziati per i contratti collettivi per quasi quattro milioni di salariati dell’industria del metallo e dell’elettronica. Sei per cento di aumento è la rivendicazione del sindacato, che chiede pure il diritto per i lavoratori di ridurre temporaneamente il tempo di lavoro fino a 28 ore settimanali e l’introduzione di una forma di compensazione per i salari più bassi. Richieste che mandano in bestia i datori di lavoro: sulla riduzione del tempo di lavoro non vogliono nemmeno entrare in materia, considerando la stessa illegale, così come le misure di lotta connesse a questa istanza. Ma la IG Metall non si lascia intimorire e dall’inizio del 2018 organizza prolungati scioperi di avvertimento, che vanno in scena, a sorpresa, una volta qui e una volta là. Una nuova tattica di sciopero in espansione.


Scioperi di avvertimento si registrano attualmente anche nelle fabbriche della Skoda in Cechia e in quelle di Ford in Romania, così come presso Amazon in Germania e in Italia. In Finlandia sono gli impiegati bancari a incrociare le braccia, mentre in Portogallo e Olanda fanno lo stesso i docenti. Sullo sfondo di questa ondata di scioperi vi è la ripresa economica: grazie alla buona congiuntura i salari dovrebbero finalmente tornare a crescere. Ma questo non succede e dunque i lavoratori tornano a imbracciare l’arma dello sciopero, che durante gli anni della crisi era rimasta prevalentemente nell’armadio, complice il forte timore della gente di perdere il posto di lavoro. Ma ora le cose stanno cambiando.

 

* edito da Vania Alleva e Andreas Rieger,
Rotpunktverlag, 25 franchi.

Pubblicato il 

24.01.18

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