Il guadagno non è donna

Per la prima volta dall'introduzione della Legge sulla parità dei sessi, nel 1996, il divario salariale tra uomini e donne è tornato a crescere in Svizzera. È quanto emerge dai primi risultati della rilevazione della struttura dei salari 2008 realizzata dall'Ufficio federale di statistica (Ufs), presentati martedì a Berna. Mentre nel 2006 le donne guadagnavano il 18,9 per cento in meno dei colleghi maschi, i dati più recenti indicano una differenza del 19,3 per cento.

Nel 2008 il salario mensile mediano (si veda la definizione nel box sopra a pagina 7) delle donne ammontava infatti a 5.040 franchi contro i 6.248 di quello degli uomini, rileva l'Ufs precisando che le differenze variano in funzione del livello di qualifica richiesto per il posto di lavoro occupato.
Per le mansioni che richiedono conoscenze specialistiche la differenza si attesta al 12 per cento, mentre per le attività semplici e ripetitive raggiunge il 15,1 per cento. Per i posti più qualificati le donne guadagnano invece tra il 25 e il 29 per cento in meno nei rami "confezione di vestiario e di pellicce", "assicurazioni" e "servizi
personali", mentre lo scarto non supera il 13 per cento nei rami "cokeria; industria chimica", "alberghi e ristoranti" e "pubblica amministrazione". Per i posti meno qualificati si registrano differenze del 22,6 per cento e del 27,3 per cento rispettivamente nei rami "cokeria; industria chimica" e "industria della carta e del cartone", del 5,9 per cento nel ramo "poste e telecomunicazioni" e del 9,5 per cento nelle "attività finanziarie".
Le differenze salariali, afferma l'Ufs, si spiegano in parte con fattori strutturali, come la sottorappresentanza delle donne nelle funzioni altamente qualificate e nei posti di quadro, come pure il fatto che sono impiegate soprattutto in rami economici dove i salari sono bassi e che in genere sono più giovani degli uomini, hanno meno esperienza e una formazione di livello inferiore. Determinante infine è anche la dimensione dell'azienda: le disparità risultano più marcate nelle grandi imprese dove sono soprattutto gli uomini ad occupare posizioni di quadro.
L'insieme dei fattori citati spiega poco più del 60 per cento delle differenze salariali riscontrate nel settore privato. Resta un 40 per cento circa che non è spiegabile o è frutto di discriminazione. Una percentuale in leggero calo nell'ultimo decennio, ma che non cambia la sostanza del problema.
«Lo scandalo rimane: siamo di fronte ad una pura discriminazione delle donne e dunque ad una una violazione della legge e della Costituzione», commenta Corinne Schärer, responsabile della politica di uguaglianza presso il sindacato Unia.
È sorpresa dell'evoluzione negativa registrata negli ultimi due anni?
Temevo che il divario salariale non sarebbe diminuito ma non credevo in una crescita così drammatica della disuguaglianza. E se è successo significa che solo gli uomini hanno approfittato della buona congiuntura economica, come dimostrano i dati sugli stipendi dei quadri dirigenti, che differiscono fino a un terzo. Significativo è poi anche il fatto che nel 2007 e nel 2008 i salari delle donne si sono evoluti più lentamente di quelli degli uomini, mentre negli anni precedenti crescevano più velocemente, compensando così in parte il divario salariale.
Come si spiega questa crescita?
La crescita si spiega con il fallimento della strategia sin qui perseguita dagli ambienti politici ed economici, che hanno creduto in una cancellazione a piccoli passi, quasi "naturale", delle diseguaglianze salariali. In realtà, la maggior parte dei datori di lavoro, nonostante dispongano degli strumenti adeguati, non hanno effettuato i dovuti controlli nelle singole aziende. Per evitare i costi  di questa procedura si sono limitati ad annunciare una "situazione regolare".
Ora il sindacato come intende intervenire?
Unia esige ora che le aziende analizzino i salari corrisposti al personale femminile e se del caso li adeguino. Altrimenti chiederemo delle misure vincolanti alla politica. È per esempio ipotizzabile inserire nella legge sulla parità dei sessi (base giuridica dell'uguaglianza nella vita professionale) la possibilità di incaricare degli ispettori per effettuare i necessari controlli ed imporre finalmente l'uguaglianza salariale. Unia e l'Unione sindacale svizzera, dal canto loro, procederanno nelle prossime settimane, a partire dai dati dell'Ufficio federale di statistica, ad un'analisi della situazione settore per settore.


Ticino fanalino di coda

Il Ticino continua ad occupare l'ultimo posto del livello salariale in Svizzera. E questo a prescindere dalla qualifica richiesta per un determinato posto di lavoro: 8.867 franchi per i lavoratori altamente qualificati e 3.901 per quelli meno qualificati, indica l'ultima statistica sulla struttura dei salari dell'Ufficio federale di statistica. A livello svizzero i salari più elevati per gli impieghi maggiormente qualificati sono pagati nella regione di Zurigo (12.667 franchi), nella Svizzera nord-occidentale (Basilea e Argovia, 11.651), nonché nella regione del Lemano (Vaud, Vallese e Ginevra, 10.883). Queste disparità regionali, scrive l'Ufs, «possono essere spiegate in parte con la concentrazione dei rami a forte valore aggiunto in determinati bacini economici e con l'esistenza di differenze strutturali in relazione ai livelli di qualifica richiesti dai posti di lavoro sui mercati regionali».

Pubblicato il

20.11.2009 02:00
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