«Rimarrà spazio per due quotidiani»

A poco più di un anno dall'arrivo in Ticino di "20 minuti", il tabloid gratuito edito dal principale gruppo editoriale svizzero Tamedia e da Giacomo Salvioni, due quotidiani tradizionali su tre stanno già mettendo in atto drastiche misure di risparmio per far fronte al calo degli introiti pubblicitari. Un calo dovuto certamente anche alla crisi economica ma soprattutto alla presenza del nuovo e aggressivo concorrente sul mercato pubblicitario.  

Il cattolico Giornale del popolo (Gdp) ha annunciato un mese fa la chiusura delle sedi delle proprie redazioni fuori Lugano e l'unificazione con quelle del Corriere del Ticino (Cdt), oltre che una riduzione dell'organico e alcuni licenziamenti, mentre laRegione Ticino (di proprietà dello stesso Salvioni che a Tamedia ha steso il tappeto rosso) ha comunicato settimana scorsa ai propri dipendenti consistenti tagli alle spese e la soppressione di un posto di lavoro e della funzione di corrispondente da Zurigo.
Si tratta di segnali preoccupanti che, al di là delle dichiarazioni di facciata degli editori, preannunciano un impoverimento dell'offerta d'informazione in Ticino, un'ulteriore perdita di posti di lavoro e un nuovo peggioramento delle condizioni d'impiego nel settore. In proiezione futura, appare poi minacciata anche la stessa sopravvivenza di almeno uno (verosimilmente il Gdp) dei tre quotidiani storici che hanno stabilmente dominato il panorama dei media stampati in Ticino negli ultimi vent'anni, dopo la scomparsa dei giornali  di partito.
È un timore condiviso anche da Enrico Morresi, giornalista, scrittore e profondo conoscitore della storia dei giornali ticinesi. Gli abbiamo chiesto di analizzare questo momento critico per la stampa cantonale: «Gdp e Regione vivono situazioni profondamente differenti», premette Morresi. «Quella del quotidiano della Curia è una vecchia storia: la situazione è precaria da molti anni e il calo delle entrate pubblicitarie l'ha solo aggravata. La Regione e il Corriere del Ticino sono invece ancora giornali vitali, seppur con dei problemi dovuti al calo pubblicitario».
Partiamo allora con l'analisi dal Giornale del popolo, sul cui futuro c'è maggiore pessimismo. L'accordo con il Corriere del Ticino, con cui il Gdp - è stato spiegato- «intensificherà la cooperazione tecnica, amministrativa e redazionale», non spiega per niente le cose come stanno, dice Enrico Morresi: «È un'operazione di colonizzazione. Uso un termine che ammetto impreciso, in quanto non ci sarà un passaggio di proprietà, ma non siamo molto distanti da un controllo a distanza di tutta la gestione. Il Gdp arrischia di vedersi ridotto ai commenti e alle prese di posizione, che rifletteranno pur sempre la linea editoriale di fedeltà alla Chiesa cattolica e di vicinanza a Comunione e liberazione, ma con tutto il resto del giornale molto dipendente dalla collaborazione con il Corriere. Capisco che sia imbarazzante dover ammettere questo in periodo di rinnovo degli abbonamenti. Ma capisco anche che il GdP è già stato salvato una volta dal Corriere nel 2005 con un'iniezione di svariati milioni di franchi. Quanto resterà di originale al Gdp lo vedremo a partire da gennaio…
È stata ventilata l'ipotesi di una fusione delle redazioni sportive del Gdp e del Corriere...
Sarebbe la fine del Giornale del popolo come quotidiano. Il rischio è di perdere tantissimi abbonati. Ma – ripeto - per capire cosa realmente si salverà del giornale dobbiamo aspettare il prossimo anno.
Il Ticino, che è storicamente una realtà con un'alta concentrazione di media stampati, non può più permettersi il lusso di quattro quotidiani?
Non penso, e credo che alla fine rimarranno un giornale diffuso prevalentemente nel Sottoceneri e uno più presente nel Sopraceneri. Tre testate valgono più di due, ma devono essere finanziariamente sane. E il Gdp è strutturalmente fragile: per anni, prima dell'attuale direzione, è sopravvissuto solo perché attingeva alle casse della diocesi. Non si deve poi mai dimenticare che nella Svizzera italiana disponiamo di un grande produttore di informazione come la Rsi.
Tra i quotidiani diffusi in Ticino lei non cita mai 20 minuti. Come mai?
20 minuti è un raccoglitore di pubblicità che fa un giornalismo minore: possiede una redazione che lavora bene e il prodotto piace ai giovani, ma un quotidiano vero è un'altra cosa.
È però l'arrivo in Ticino di questo tipo d'informazione che sta influenzando le scelte dei giornali maggiori e forse anche minacciando la qualità dei loro contenuti, come si può temere accada a La Regione a causa del piano di risparmio annunciato.
La rinuncia a un corrispondente dalla Svizzera tedesca, oltre che colpire un giornalista molto valido, è un brutto segnale. Fa male anche assistere alla mancata sostituzione di collaboratori partenti: per certi versi è ancora più drammatico, poiché diminuiscono i posti a disposizione dei giovani. Detto questo, ritengo che sia il Corriere sia la Regione restino giornali di qualità. La Regione dovrebbe valorizzare meglio la qualità delle analisi che pubblica, penalizzata da una grafica superatissima, così come investire maggiormente nel giornalismo d'inchiesta che dà valore aggiunto al prodotto. Il Corriere in questo senso è migliore: ma – attenzione! – le interviste non sono inchieste, che richiedono un grande investimento di persone e di mezzi…
Ritiene che i giornali ticinesi abbiano reagito correttamente al proliferare dei portali d'informazione internet?
Questo purtroppo non lo si può sapere poiché manca una ricerca sull'uso dell'online per l'informazione. Magari varrebbe la pena affidare il compito a qualche istituto dell'Università della Svizzera italiana, che studia i trend del New York Times, del Guardian o di Le Monde ma si occupa poco  della realtà del cantone Ticino.
La concentrazione mediatica a cui sta dando vita il gruppo TiMedia (che oltre al Corriere del Ticino, controlla il portale Ticinonews, Teleticino e Radio 3i) deve preoccupare?
A mio giudizio non rappresenta un pericolo, perché la presenza di due quotidiani come Corriere e Regione, che operano in maniera del tutto autonoma, e soprattutto la presenza della Rsi rappresentano una sufficiente garanzia di pluralismo: in questo senso la situazione del Ticino è di gran lunga migliore di quella di molte altre regioni della Svizzera.

Se è "20 minuti" a far scuola saranno dolori


La storia ci raccon
ta che le ristrutturazioni aziendali sono spesso il preludio di nuovi più inquietanti scenari, come per esempio quello di un cambio di proprietà che solitamente inizia con operazioni di "alleggerimento" delle strutture, cioè (detto in modo meno ipocrita) da licenziamenti e/o da significativi peggioramenti delle condizioni d'impiego e di lavoro.


Questo timore serpeggia anche tra i dipendenti de La Regione Ticino, che proprio nei prossimi giorni si riuniranno in assemblea per valutare la situazione e possibilmente per capire le reali intenzioni dell'editore Giacomo Salvioni: vuole solo risparmiare in attesa di tempi migliori? Vuole chiudere? Vuole vendere e a chi?
A questo proposito, il pensiero va, ovviamente, al gigante dell'editoria Tamedia, che potrebbe essere interessato a prendersi anche in Ticino un quotidiano tradizionale e completare il suo monopolio dell'informazione in tutte le regioni linguistiche del paese, visto oltretutto che è già in affari con Giacomo Salvioni: con lui si spartisce le azioni di 20 minuti e partecipa alla società Ticinonline, gestore dell'omonimo portale d'informazione e sito ufficiale del giornale gratuito. Un giornale che rende a meraviglia, sia in termini di successo tra i lettori sia in termini di entrate pubblicitarie, e che (a differenza de La Regione) costa pochissimo. Questo perché «20 minuti impone un modello di lavoro improntato al massimo profitto e al minimo investimento», ci confida una persona vicina all'azienda. Un modello che è stato «ripreso tale e quale da Ticinonline (di cui 20 minuti è di fatto diventato una cellula)» e che suscita profondo malessere tra i dipendenti di entrambe le testate.
Alcuni di loro hanno accettato di raccontare ad area la loro esperienza e in maniera corale hanno puntato il dito contro Gianni Giorgetti, Ceo della Ticinonline Sa e, ci dicono, «direttore di fatto» anche di 20 minuti. «Rocco Salvioni -che nell'impressum figura come direttore- non lo si vede mai. I contatti con Tamedia li tiene Giorgetti, le assunzioni e i licenziamenti vengono decisi e comunicati da lui. Ed è lui che esercita enormi pressioni su tutto il personale creando un clima di lavoro ormai insopportabile». Il tutto senza avere ufficialmente alcuna funzione. «È lui stesso a definirsi "uno squalo"», racconta un dipendente, ammettendo di provare «paura» sul luogo di lavoro. «La redazione -ci riferisce un'altra persona- è sotto-dotata, i giornalisti sono costretti a ritmi pressanti, a decine di ore di straordinari non retribuiti, oltre che a convivere con continue minacce di licenziamento». «Ti fanno sentire come se il tuo posto di lavoro potesse saltare da un momento all'altro. Inoltre un vero giornalista si sente frustrato perché di fatto non è messo nelle condizioni di svolgere il suo lavoro con serietà e professionalità. Qui si bada solo alla quantità e non alla qualità».
Se fosse questo il modello di gestione aziendale che Salvioni pensa di adottare anche alla Regione, per i collaboratori del quotidiano bellinzonese sarebbero dolori. Tutti ci auguriamo che non sia così, ma non è certo un buon segnale il fatto che la comunicazione dei tagli al personale, oltre ad essere avvenuta in termini non conformi alle disposizioni di legge, è stata data non dall'editore della Regione ma da suo figlio Rocco Salvioni, che (ufficialmente) è il direttore di 20 minuti!   

Giorgetti e Salvioni prendono posizione

Gianni Giorgetti: «Sono tutte accuse che non stanno in piedi e che mi fanno male, perché sono tutt'altra persona di quella che viene descritta. È vero: sono una persona difficile e sul lavoro sono molto esigente con i collaboratori, ma lo sono prima di tutto con me stesso. Ogni tanto mi capita di dover assumere ruoli sgradevoli, ma è la mia funzione di direzione che me lo impone. In ogni caso tengo a sottolineare che non manco mai di rispetto alle persone, come possono testimoniare collaboratori che lavorano al mio fianco da molti anni. Spero infine che le persone che mi hanno rivolto queste accuse abbiano il coraggio di venirmene a parlare».
Rocco Salvioni: «Le decisioni riguardo ad assunzioni e licenziamenti sono state prese di concerto fra i caporedattori Stefano Pianca e Sal Feo, il syndication manager Gianni Giorgetti e me;
Il clima di lavoro nelle redazioni a giudizio delle persone sopracitate è ben vivibile; le ore straordinarie vengono regolarmente recuperate. Siamo dispiaciuti che tra le 40 persone occupate tra 20 minuti e Tio ci sia qualcuno scontento, ma spero che riesca a trovare la serenità di confrontarsi con noi, così da trovare possibili soluzioni costruttive ai suoi disagi».


Pubblicato il

09.11.2012 03:00
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